a cura di Alba di Rosa, economista - 06 febbraio 2024

Materie prime alimentari in tempi di conflitto: nuove dinamiche ed equilibri

Tra i settori merceologici saliti al centro della scena in seguito all’avvio del conflitto russo-ucraino troviamo quello delle materie prime alimentari, in relazione al ruolo di rilievo dei due paesi in qualità di produttori ed esportatori. Andiamo allora a delineare una panoramica del settore, per capire come lo shock bellico si sia inserito in questo contesto, influendo sulla struttura degli scambi internazionali.

Sulla base dei dati ExportPlanning, consideriamo le seguenti materie prime alimentari:

  • i cereali, il riso grezzo e i semi oleosi;
  • le cosiddette materie prime coloniali (come il caffè in grani non torrefatto, le foglie di tè e il cacao in grani);
  • le canne e barbabietole da zucchero.

Gli scambi mondiali di questi beni hanno registrato tassi di crescita a doppia cifra tanto nel 2021 che nel 2022, e superato nel 2022 la soglia dei 330 miliardi di euro (a prezzi correnti), per poi scendere debolmente in prossimità dei 320 miliardi nel 2023, secondo le ultime stime. Se da questi numeri deduciamo quindi un incremento della domanda, risulta in realtà significativo anche l’effetto legato all’aumento dei prezzi: i valori misurati a prezzi costanti mostrano infatti tassi di crescita molto più moderati, ma costantemente in territorio positivo nell’ultimo decennio.
Guardando nello specifico agli ultimi anni, dopo un incremento dell’1.6% nel 2021 per la domanda mondiale a prezzi costanti, a cui ha fatto seguito un aumento del 2% nel 2022, per il 2023 ExportPlanning stima una crescita dell’1.1%.

 


La crescita della domanda ha però mostrato ritmi differenziati tra le diverse aree geografiche: circa un decennio fa, i paesi emergenti hanno infatti superato quelli sviluppati in termini di import complessivo di materie prime alimentari, e confermato negli anni a seguire tassi di crescita tendenzialmente più dinamici.

Guardiamo ora allo scenario sul fronte dell’offerta. Considerando i dati 2021 (antecedenti all’avvio del conflitto russo-ucraino), per il comparto dei cereali troviamo gli Stati Uniti al primo posto tra gli esportatori mondiali; l’export USA riguarda soprattutto fave di soia, seguite da granturco e frumento. Troviamo al secondo posto il Brasile, le cui esportazioni si concentrano, a loro volta, quasi esclusivamente sulle fave di soia, seguite in maniera limitata dal granturco.
Per le materie prime coloniali spicca invece il caso del Brasile come maggiore esportatore: il suo export di settore si concentra soprattutto sul caffè in grani, non torrefatto; segue, al secondo posto, la Costa d’Avorio, che invece esporta quasi esclusivamente cacao in grani, e al terzo posto la Colombia, a sua volta concentrata sul caffè in grani. Troviamo infine il comparto della canna e barbabietola da zucchero, dominato per il 50% dalle esportazioni cinesi.


 


 


 


Il ruolo di Russia e Ucraina sul mercato dei cereali

Come si nota dai grafici, il ruolo di Ucraina e Russia come esportatori di materie prime alimentari emerge per il caso dei cereali: i due paesi si sono infatti collocati, nel 2021, rispettivamente al 5° e 7° posto su scala mondiale. In particolare, nel 2021 la Russia è risultata maggiore esportatrice di frumento a livello internazionale (6.2 miliardi di euro); troviamo l’Ucraina al quinto posto (4 miliardi). Anche per l’orzo i due paesi si collocano tra i maggiori esportatori: oltre 990 milioni di euro per l’Ucraina e quasi 820 per la Russia nel 2021. Nello specifico, Ucraina e Russia si posizionano rispettivamente al terzo e quarto posto, dopo Australia (1.7 miliardi di euro) e Francia (1.4 miliardi).
La Russia è inoltre risultata nel 2021 maggiore paese esportatore di semi di lino (374.3 milioni), mentre l’Ucraina si è collocata al terzo posto nel ranking per i semi ravizzone o di colza (1.1 miliardi). Per l’export di granturco spicca il caso dell’Ucraina, al terzo posto su scala mondiale (4.9 miliardi di euro nel 2021), alle spalle di USA (16.2 miliardi) e Argentina (7.1 miliardi) (1) .

L’avvio del conflitto nell’area est-europea, a febbraio 2022, si è inserito in un contesto che stava già subendo pressioni sul fronte dei prezzi - gravato dagli effetti della pandemia su logistica e trasporti, e dalla ripresa della domanda - andando a sua volta a pesare tanto sulle commodity in senso lato che sullo specifico comparto alimentare.
Il grafico di seguito riporta il caso dei prezzi finanziari del frumento, che hanno mostrato una significativa reazione del mercato allo shock bellico, con un picco del prezzo del future per la consegna a 1 mese a inizio marzo 2022; dal canto suo, il prezzo per la consegna a 6 mesi è andato sì a crescere subito dopo l’avvio del conflitto, ma a livelli più moderati – in linea con lo scenario inizialmente diffuso di una “guerra lampo”.

 


Dopo lo shock iniziale, i due future sono tornati ad allinearsi. Nei mesi successivi all’avvio del conflitto, il prezzo del frumento ha continuato a salire, in relazione al blocco di più di 4 mesi dei porti ucraini sul Mar Nero da parte delle navi militari russe. Considerando che prima del conflitto le esportazioni agricole ucraine avvenivano quasi totalmente via mare, risulta chiara l’entità del danno.
Nei mesi successivi le esportazioni ucraine hanno mostrato una ripresa, a cui è seguita  una progressiva normalizzazione sul fronte dei prezzi, grazie ad una molteplicità di iniziative volte appunto a tale scopo: tra queste, i corridoi di solidarietà UE-Ucraina (ovvero itinerari logistici alternativi per ferrovia, strada e vie navigabili interne, per mantenere aperte le rotte commerciali ucraine) e, soprattutto, l’Iniziativa del Mar Nero, concordata dalle Nazioni Unite con Russia, Turchia e Ucraina, che ha permesso a volumi significativi di prodotti alimentari ucraini di lasciare i porti del paese, per salvaguardare la sicurezza alimentare globale – e dalla quale però la Russia si è ritirata a partire da luglio 2023.
Ulteriore iniziativa in corso (entrata in vigore a giugno 2022, e attualmente prorogata fino a metà 2024), è quella delle misure commerciali autonome, adottata dall’Unione in maniera unilaterale e temporanea al fine di garantire i flussi commerciali Ucraina-UE, ampliando la portata della liberalizzazione tariffaria in vigore tra i due partner.

Scambi internazionali di frumento: un primo bilancio

Per valutare l’impatto di queste iniziative, e redigere un primo bilancio degli effetti delle misure adottate sui flussi di commercio estero, guardiamo nuovamente al caso del frumento. Tra i primi 9 mesi del 2021 e i primi 9 mesi del 2023, le esportazioni ucraine hanno mostrato un bilancio positivo, segnando un aumento del 15% in euro correnti (+18.7% in quantità), grazie all’evidente incremento delle esportazioni destinate al mercato UE, a fronte invece di una contrazione dei flussi diretti in Asia e nell’area africana.
Dal canto loro, le esportazioni russe di frumento hanno invece confermato quelle che, già prima dell’avvio del conflitto, rappresentavano le loro maggiori destinazioni, quali Turchia e Egitto, e mostrato un deciso incremento delle quantità esportate rispetto ai livelli del 2021.

 


Come possono, quindi, dirsi cambiati gli equilibri sul mercato internazionale?

Confrontando le importazioni di frumento per area geografica tra i primi 9 mesi del 2021 e lo stesso periodo del 2023 (in quantità), emerge per l’UE una riduzione della quota di approvvigionamento proveniente dal mercato interno, che rimane comunque dominante, a fronte di una crescita delle importazioni di frumento proveniente dall’Ucraina: da meno dell’1% del totale, a oltre il 15% nel periodo analizzato.
Sul mercato asiatico, cala la già moderata quota di approvvigionamenti provenienti dall’Ucraina, a fronte di una crescita delle importazioni provenienti dall’Australia; sostanzialmente costante in quantità, ma in calo in termini di quota sul totale, l’import proveniente dall’ex area NAFTA.
In Medio Oriente e Nord Africa si consolida invece la quota ricoperta dalle esportazioni russe, a fronte di un calo tanto della quota di mercato ucraina che di quella europea. Guardando infine all’altro lato dell’Atlantico, rimangono invece predominanti gli scambi interni all’area ex-NAFTA (USA, Canada e Messico), che non risulta quindi influenzata dai cambiamenti di uno scenario internazionale in continua evoluzione.

 

 (1) L'Ucraina ha inoltre un ruolo rilevante nella coltivazione dei girasoli, che non esporta però nella forma grezza di semi, ma nella forma lavorata di olio.

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